Imponente opera in quattro volumi, curata da Francesco De Cristofaro (docente di Letterature comparate all’Università degli Studi di Napoli Federico II) e Giancarlo Alfano (docente di Letteratura Italiana all’Università di Napoli Federico II), e pubblicata da Carocci Editore, Il romanzo in  Italia ripercorre la storia della forma letteraria principe della modernità, affrontando le questioni, i temi, i contenuti che ne hanno accompagnato, in particolare dall’Ottocento fino agli ultimi decenni del XX secolo, l’affermazione nel nostro paese. Sono così divisi i quattro volumi: il primo, di carattere generale, si sofferma sulle forme, sulle poetiche e sulle questioni del romanzo in Italia, per aprire poi la strada, nel secondo volume, al romanzo nell’Ottocento (con l’Ortis foscoliano che inaugura, per così dire, il genere). Il terzo volume è dedicato al romanzo in Italia nel primo Novecento, mentre il quarto al secondo Novecento. In particolare su quest’ultimo, con alcuni esempi critici estrapolati dalla trattazione, focalizzeremo la nostra attenzione. Un ottimo e completo quadro storico-letterario, di Giancarlo Alfano, introduce il lettore ai caratteri della narrativa secondo-novecentesca, per poi principiare il discorso direttamente con gli autori e le opere. Vediamo ora alcuni esempi critici, con personalissima selezione delle opere.

Un romanzo straordinario, per la carica fiabesca e immaginifica, e con una scrittura cristallina e fatata, ma purtroppo poco celebrato dalla critica e rimasto nell’oblio per decenni, è l’Iguana, di Anna Maria Ortese (1914-1998, scrittrice romana ma con origini siciliane e napoletane), risalente agli anni Sessanta. La grandezza di questo romanzo, scrive Monica Zanardo, «coincide con la polisemia ambigua dell’omonima sfuggente protagonista. In bilico tra malvagità e purezza, principessa e servetta, infantilissima vecchia, donna-bestia, l’iguana rappresenta la complessità della natura stessa. […] [Ella è un] essere senza tempo e senza storia».

In un’atmosfera nebulosa, eterea, incantata, ma anche, e forse all’eccesso, nichilistica, galleggia il romanzo Dissipatio H. G. [Humani Generis], forse il più celebre di Guido Morselli, scrittore bolognese, classe 1912, tragicamente uccisosi nel 1973, qualche mese dopo la stesura di questo romanzo. In un tempo sospeso, in cui l’intero genere umano, come da titolo, pare essersi dissolto, evaporato, il protagonista (per certi versi alter-ego dell’autore), e aspirante suicida, si trova improvvisamente in un’apocalisse di salvezza (o di punizione?), e tra le tante riflessioni, con dotte citazioni e rimandi letterario-filosofici, arriva addirittura a “sfatare la morte” «da me e da attorno a me». Ma questo romanzo, come nota Gilda Policastro, «è il testamento di un’epoca, quello in cui ai personaggi dei romanzi era consentito questionare della loro infelicità. Finanche gioirne attraverso la parola, […] con una ostinazione e immaginazione che riuscivano a fare della fine del mondo una prospettiva di incanto e sospensione».

Pubblicato nel 1963, e forse il romanzo più ricco e compiuto dell’intera sua produzione, Il Consiglio d’Egitto promosse Leonardo Sciascia a scrittore di fama nazionale, confermando quel successo che nel 1961, quindi appena due anni prima, lo aveva investito con il poliziesco Il giorno della civetta. Tra romanzo storico, condotto con documenti d’archivio, squisita finzione letteraria, acuta riflessione filosofica sui meccanismi e sulle grammatiche del Potere precostituito, il Consiglio, come scrive un grande esperto dell’onorevole siciliano come Giuseppe Traina, ragiona anche sulla «condizione stessa dell’uomo solo di fronte al potere, tipica di tutti gli eroi sciasciani che risultano, di fatto, perdenti anche se sono moralmente dei vincitori». Allora, l’abate maltese Vella («l’abate immoralista») e l’avvocato Di Blasi (con il suo «virile libertinismo intellettuale»), protagonisti del romanzo, risultano di fatto sconfitti, anche se con punizioni differenti, da un Potere ontologicamente pervasivo, cristallizzato e immutabile.

Straordinario debutto, nel 1994, ad opera di un professore di Letteratura italiana all’Università di Pisa, è il romanzo Scuola di nudo, di Walter Siti, che ricostruisce «i due maggiori ambiti di esperienza (o di inesperienza)» dell’autore: «l’omosessualità», come scrive Raffaele Donnarumma, «divisa fra passione metafisica per i culturisti, sesso occasionale e storie sentimentali contrastate, […] e l’accademia, nella quale Walter [il protagonista omonimo dell’autore] battaglia con [diversi suoi] amici-nemici. […] Il nudo, insomma, e la scuola: […] l’erotismo è il primo oggetto dell’elaborazione di Walter, che non è mai tanto intellettuale come quando riflette su di esso; […] e l’accademia stessa è il teatro di un eros ostinato, frustante».


Il romanzo in Italia (quattro volumi):

Giancarlo Alfano, Francesco De Cristofaro (a cura di), Il romanzo in Italia:

  • Vol. I, Forme, poetiche, questioni, pp. 420, €37,00;
  • Vol. II, L’Ottocento, pp. 684, €59,00;
  • Vol. III, Il primo Novecento, pp. 584, €51,00;
  • Vol. IV, Il secondo Novecento, pp. 628, €55,00.

Romanzi citati:

  • Anna Maria Ortese, L’Iguana, Adelphi, Milano, 2016 (prima ed. 1965);
  • Guido Morselli, Dissipatio H. G., Adelphi, Milano, 2012 (prima ed. 1977);
  • Leonardo Sciascia, Il Consiglio d’Egitto, Adelphi, Milano, 2009 (prima ed. 1963);
  • Walter Siti, Scuola di nudo, Rizzoli, Milano, 2016 (prima ed. 1994).

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