Tra un fiore colto e l’altro donato

l’inesprimibile nulla

(Eterno, Giuseppe Ungaretti)

Si tratta di una delle prime poesie pubblicate da Ungaretti (nel 1915 su “Lacerba”), benché in una forma molto diversa dall’attuale e col titolo Eternità. A partire dall’edizione del 1931 questa lirica è raccolta nell’Allegria come testo d’apertura della prima sezione, Ultime


Il porto sepolto, L’allegria

Vi arriva il poeta
e poi torna alla luce con i suoi canti
e li disperde

    Di questa poesia
mi resta
quel nulla
d’inesauribile segreto

Mariano il 29 giugno 1916

È questo il testo che dà il titolo alla prima raccolta di versi pubblicata da Ungaretti nel dicembre del 1916, poi divenuta la seconda sezione dell’Allegria. Si tratta di una delle rare poesie che non hanno subìto mai riscritture o correzioni, nonché di una delle poche per cui si può ipotizzare, grazie ad alcuni elementi epistolari, che la data in calce corrisponda con ragionevole esattezza a quella di composizione. La lirica fissa una delle immagini metaforiche più espressive dell’opera ungarettiana: il poeta è colui il quale va alla ricerca del porto sepolto, del misterioso segreto che la personalità di ogni uomo tiene celato fra le pieghe profonde dell’animo; occorre scendere negli abissi di un mondo diverso, per scoprire una parola “vera” da comunicare agli uomini.

Veglia, L’allegria

Un’intera nottata

buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere  piene d’amore

Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita

Cima Quattro il 23 dicembre 1915

Con questa poesia inizia l’effettivo “diario di guerra” del Porto Sepolto. La data e il luogo ricordati in calce al testo, che come nella quasi totalità dei casi non indicano il momento della stesura ma l’esperienza vissuta all’origine dei versi, riportano uno dei primi giorni trascorsi da Ungaretti sul Carso. Il componimento introduce un binomio tematico peculiare della prima stagione poetica ungarettiana: la coppia amore e morte. Accanto ai particolari atroci del cadavere di un compagno, Ungaretti recupera un messaggio d’amore, come alternativa all’invasione della morte.

Sono una creatura, L’allegria

Come questa pietra
del S. Michele
così fredda
così dura
così prosciugata
così refrattaria
così totalmente
disanimata

Come questa pietra
è il mio pianto
che non si vede

La morte
si sconta
vivendo

Valloncello di Cima Quattro il 5 agosto 1916

Questa poesia di guerra, pubblicata per la prima volta con il Porto Sepolto nel 1916, si fonda su una sola similitudine, che mette in relazione il pianto del poeta e una pietra, per esprimere simbolicamente l’indurimento della’animo causato dalla vita in trincea. Argomento del testo è il pianto, il dolore del soggetto, che non si vede, non si esprime in forme manifeste, poiché ha respinto e vinto ogni tentazione di cedere alla pateticità.

Soldati, L’allegria

Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie

Bosco di Courton luglio 1918

Con il titolo Militari, la poesia viene pubblicata per la prima volta nel 1918 sulla rivista borghese “La raccolta”. Fino all’edizione del 1936 dell’Allegria presenta una diversa divisione dei primi versi (“Si sta/come d’autunno”), poi modificata dall’autore. La data e il luogo indicati in calce al componimento rimandano a un’epoca ben definita nella storia e nella biografia dell’autore: nel luglio 1918 Ungaretti è accampato sul fronte francese con il suo reggimento, in un bosco presso la località di Courton. Sotto il fuoco dell’artiglieria tedesca, vede arrivare i colpi del nemico che mietono vittime e sfoltiscono gli alberi. Tale situazione è lo spunto da cui nasce la poesia, dove è ritratta la suprema fragilità della vita umana.

San Martino del Carso, L’allegria

Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro

Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto

Ma nel cuore
nessuna croce manca

È il mio cuore
il paese più straziato

Valloncello dell’Albero Isolato il 27 agosto 1916

La poesia risale al 1916, quando l’autore, ventottenne, si trova come semplice soldato di fanteria sul fronte di trincea del Carso. Come in altri testi, la scrittura nasce da uno sguardo mesto rivolto al paesaggio: emerge la desolazione di un paese distrutto, che suggerisce al poeta amare riflessioni: se infatti qualche brandello di muro ancora resta delle case distrutte, nessuna traccia rimane delle persone care uccise. Rispetto alla malinconia del mondo esterno risalta lo strazio del cuore, dove gli amici sopravvivono solo nelle forme dolenti del rimpianto e del ricordo. Nella prima versione del testo, uscita nel Porto Sepolto nel 1916, la poesia era composta da venti versi distribuiti in sei brevi strofe. La redazione successiva, molto asciugata (dodici versi), compare per la prima volta nell’edizione del 1931.

 

 

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