Mancava da tempo un manuale di Archeologia che presentasse in modo analitico e contestualizzato la complessità e originalità delle culture della Siria antica, con particolare riguardo alle fasi storiche delle età del Bronzo e del Ferro e alle interconnessioni con le regioni limitrofe, direttamente confinanti o più lontane. La scoperta del sito archeologico di Ebla ha contribuito, in maniera sostanziale e per certi versi dirompente, a riscrivere la storia della Siria antica fin dalle sue fasi più antiche, e a ripensare interamente i rapporti di equilibro con, ad esempio, la vicina Mesopotamia. La Siria, di fatto, più che “terra di mezzo” tra Oriente e Occidente, è in una prospettiva di osservazione europea il Vicino Oriente, ovvero l’Oriente prossimo geograficamente al grande bacino del Mar Mediterraneo. La Siria, dunque, non ha solo assorbito dai luoghi geograficamente prossimi, ma anche elaborato forme politiche, culturali e religiose indipendenti e originali. Il volume, curato da Davide Nadali (professore associato di Archeologia e Storia dell’arte del Vicino Oriente antico alla Sapienza Università di Roma) e da Frances Pinnock (anch’egli docente associato di Archeologia e Storia dell’arte del Vicino Oriente antico alla Sapienza Università di Roma, codirettore della Missione archeologica italiana in Siria (Ebla)), Archeologia della Siria antica (Carocci editore, pp. 492, €42,00),  ripercorre la complessità delle culture siriane preclassiche, presentando e discutendo i diversi elementi archeologici, storici, linguistici e iconografici che hanno segnato e cambiato la storia delle regioni del Vicino Oriente antico e del Mediterraneo. Destinato principalmente alle studentesse e agli studenti dei corsi universitari in Archeologia, Beni culturali e Storia antica, il volume può interessare anche tutti coloro che intendano approfondire la conoscenza o riscoprire l’affascinante passato della Siria, perché, come sosteneva l’archeologo francese André Parrot, scopritore di Mari, «ogni uomo di cultura ha due patrie: la propria e la Siria».

Docente presso le Università di Roma, Siena, Trieste, Urbino, Sergio Rinaldi Tufi si è occupato di scultura provinciale in Dalmazia, Britannia, Germania, ma anche di alcuni problemi relativi a monumenti dell’Urbe (Foro di Augusto). Di recente pubblicazione, il volume Archeologia delle province romane (Carocci editore, pp. 448, €18,00), passa in rassegna tutte le province dell’Impero romano, articolate in raggruppamenti territoriali: le grandi isole del Mediterraneo occidentale, le province iberiche (Hispania Baetica, Hispania Tarraconensis, Lusitania), le province gallo-germaniche (Gallia Narbonensis, Belgica, Lugdunensis, Aquitania; Germania Superior e Inferior) e così via. Per ogni provincia, si ricorda la situazione “prima di Roma”, si raccontano le vicende della conquista o, in qualche caso, della pacifica annessione all’Impero, si analizzano le fasi della romanizzazione e della politica urbanistica con questa connessa: temi su cui si sono concentrate, negli ultimi decenni, le ricerche più ampie e intense, anche se non sono mancati contributi sulle arti figurative. Si delinea così il quadro di un mondo sostanzialmente unitario per quanto riguarda la scelta dei tipi di monumento da edificare città per città (templi, fori, terme), ma con progetti che propongono soluzioni assai diversificate.

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Le rovine di Apamea (Siria), città prima greca poi romana.

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