Eugenio Montale (1896-1981) è ormai considerato, con un giudizio largamente condiviso, il maggior poeta italiano del Novecento, e questa sua grandezza di classico è stata consacrata dal premio Nobel per la Letteratura nel 1975 e dalla pubblicazione dell’edizione critica di tutte le sue poesie, L’Opera in versi (Einaudi, 1980, apparsa un anno prima della morte del poeta), curata dai critici e cari amici Rosanna Bettarini e Gianfranco Contini. Nella prima raccolta, Ossi di seppia, pubblicata nel 1925 da Gobetti, i temi dell’aridità e della prigionia esistenziale, insieme ad una dizione scabra, disarmonica e a volte prosaica, al limite dell’«impoetico», impongono Montale come una novità assoluta nel panorama letterario italiano, e stabiliscono le linee di una poetica molto personale, lontana dalle tendenze egemoni dell’Ermetismo contemporaneo. Nella seconda raccolta, Le occasioni (1939), pubblicata dopo quasi un quindicennio dagli Ossi, i valori umanistici e il culto aristocratico della letteratura vengono proiettati nella figura di una donna salvifica, nella quale si incarna l’immagine dell’intelligenza e della cultura. Inoltre il «male di vivere», nella prima raccolta inteso in senso prevalentemente esistenzialista e metafisico, comincia a definirsi come il male della storia, in riferimento alla realtà contemporanea, anche politica. Questa prospettiva storica si accentua nella terza raccolta, La bufera e altro (1956), in cui già il titolo è allusivo agli sconvolgimenti della guerra. Nella Bufera, allora, si profilano i temi salienti della realtà postbellica, il trionfo della società di massa, l’incubo dell’apocalisse atomica. La salvezza tramite la cultura umanistica si rivela, in questa situazione degradata, impossibile. Il poeta si rivolge allora a una diversa alternativa, che trova espressione nelle ultime raccolte, pubblicate negli anni Settanta e i primissimi anni Ottanta: Satura (1971) – «il verso di quello che ora era stato il recto della poesia montaliana, il lato in ombra, ma ineliminabile di una poesia che, adesso, si libera dei freni inibitori per offrirsi al lettore in tutta la sua dirompente (e irriverente) novità» (Castellana, in Marini-Scaffai 2019), Diario del ’71 e del ’72 (1973), Quaderno di quattro anni (1977) e Altri versi e Poesie disperse (1980). Satura, in particolare, inaugura una stagione di poesia nuova, molto diversa da quelle delle Occasioni e della Bufera: lo stile diviene basso e prosastico, che imita la babele dei linguaggi contemporanei, con un atteggiamento di disincanto lucido e amaramente ironico nei confronti del presente, riflesso di un totale pessimismo, che si manifesta in forme spesso brevi ed epigrammatiche. La produzione bibliografica su Montale e sulla sua opera è certamente sterminata, e di anno in anno nuove carte, scoperte nei vari fondi a lui dedicati, contribuiscono ad arricchire la ricerca. A cura di Paolo Marini e Niccolò Scaffai, Montale (Carocci editore, 2019, pp. 344, €30,00) si propone come un testo aggiornato e di facile consultazione sulla vita e le opere di Montale, contenente inoltre una ricca sezione dedicata ad alcune questioni chiave, come ad esempio: Il caso filologico dell’Opera in versi, Montale critico letterario, Montale e le arti figurative, Montale e Dante, Montale e la musica ecc… Il quadro, dunque, «vario ma coerente, contempla l’esame delle opere poetiche (da Ossi di seppia fino alle ultime raccolte), lo studio della prosa critica e d’invenzione, l’analisi dello stile, l’approfondimento delle relazioni con i modelli italiani (da Dante a Leopardi e oltre) e stranieri (Valéry, Eliot), i contatti con la musica e le arti figurative, la messa a fuoco di questioni filologiche». Molto più breve, ma ugualmente interessante e abbastanza completo, è Montale, a cura di Francesca Pilato e Luisella Mesiano (Carocci editore, 2011, pp. 120, €12.50): «Il ritratto di Eugenio Montale percorre l’arco della sua esistenza, dalla dolce cattività degli anni liguri alla partecipazione alla Grande Guerra, dai vent’anni fiorentini («i più importanti» nell’esperienza del poeta) fino all’impegno giornalistico al “Corriere della Sera” e alla conclusione del Libro. La lettura delle opere segue negli Ossi di seppia il calcificarsi della realtà naturalistica ed esistenziale, nelle Occasioni il messaggio salutifero di Clizia; nella Bufera e altro il romanzo larico e dell’eros; infine, da Farfalla di Dinard a Satura, l’assedio del quotidiano».

Eugenio Montale fotografato a Milano da Federico Patellani, 1964.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.