Fresco di stampa, il volume Letteratura italiana contemporanea. Narrativa e poesia dal Novecento a oggi (Carocci Editore, pp. 428, €38,00), a cura di Beatrice Manetti, docente di Letteratura italiana contemporanea all’Università degli Studi di Torino, e Massimiliano Tortora, docente di Letteratura italiana contemporanea alla Sapienza Università di Roma, ricostruisce la storia letteraria del Novecento italiano, con qualche incursione nei primi due decenni del nuovo secolo. Pensato, in primo luogo, per gli studenti universitari, il volume si rivolge anche a coloro che vogliano avere un quadro più chiaro e completo della nostra tradizione letteraria contemporanea; uno strumento didattico, insomma, agile e funzionale, in cui le grandi voci e le questioni letterarie essenziali del XX secolo trovano ampio spazio, senza cadere mai nell’antro dell’enciclopedico e dell’eccessivamente dotto. Articolato in diciannove capitoli, e in due grandi aree tematiche (la narrativa e la poesia, come ricorda anche il titolo), il volume principia con la trattazione di due importanti romanzieri novecenteschi: Luigi Pirandello e Italo Svevo. E a proposito di quest’ultimo, Giovanni de Leva (dottore di ricerca in Letterature Comparate) scrive che la Coscienza di Zeno «si può leggere come un viaggio interiore dal carattere romanzesco, all’insegna dell’ignoto e del doppio, e privo di un approdo risolutivo» (p. 34). Ma che anche «l’intero mondo del personaggio» Zeno «si colloca sotto il segno della duplicità, a partire dalla dialettica tra salute e malattia che percorre il romanzo» (p. 37). Negli anni del secondo dopoguerra nascono le cosiddette “poetiche della realtà”: e tra cronaca, saggio, autobiografia e invenzione si collocano due tra le prove narrative più rilevanti del XX secolo: Kaputt (1944) e La pelle (1949), del toscano Curzio Malaparte. «Entrambi i libri», scrive Cristina Savettieri (docente di Letteratura italiana contemporanea all’Università degli Studi di Pisa) «si presentano come narrazioni in prima persona, in cui protagonista e narratore coincide con la persona dell’autore. Basati su esperienze vissute e fatti osservati dal vero Malaparte durante la guerra, […] i due libri hanno però un impianto romanzesco evidente e molti episodi all’interno di essi risultano non solo amplificati sul piano stilistico ma inventati o comunque frutto di una manipolazione del materiale fattuale. […] Entrambe le opere di fatto compromettono il patto narrativo puramente funzionale e lo contaminano con quello autobiografico» (pp. 96-97). Sul versante della poesia primonovecentesca, nell’Alcyone dannunziano «la strategia di tensione stilistica», come scrive Enrico Tatasciore (docente di Materie letterarie presso l’Istituto d’Arte “Adolfo Venturi” di Modena) «è funzionale alla creazione di una tensione estetica: la realtà è come trasfigurata e assunta in una sfera più alta, ultra-temporale, in cui la lingua stessa è pura sincronia» (p. 231). Ma sul versante opposto, nella poesia dell’ultimo Novecento, la quotidianità, e la sua messa in scena, entrano a far parte viva dell’esperienza letteraria: nel volume d’esordio di Patrizia Cavalli, Le mie poesie non cambieranno il mondo (Einaudi 1974), «la dimensione del quotidiano», come scrive Carmelo Princiotta (assegnista di ricerca in Letteratura italiana contemporanea all’Università degli Studi di Torino) «è ambigua: tutti possono riconoscersi in oggetti, situazioni e stati d’animo […], ma l’immaginario piuttosto comune è filtrato da un’ottica tutt’altro che piccolo-borghese. Ciò è reso possibile dalla poetica della pigrizia. […] Infatti il disimpegno di Cavalli è refrattario a un impiego progressivo e produttivo del tempo. Anzi, il tempo è il demone segreto di una scrittura per cui perdere tempo significa perdere il senso del tempo e, quindi, la coscienza della mortalità» (pp. 376-377).

Patrizia Cavalli (1947-2022)

Conoscere il cristianesimo delle origini è forse il modo migliore per rendersi conto della sua identità più profonda e più vera. Per fare ciò bisogna partire dalla documentazione risalente al suo primo secolo di vita, studiando altresì l’ambiente con cui il cristianesimo stesso si è trovato in simbiosi. Curato da Romano Penna, professore emerito di Nuovo Testamento e uno dei più autorevoli specialisti contemporanei, il volume Le origini del cristianesimo. Una guida (Carocci Editore, pp. 504, €19,00, collana Quality Paperbacks) introduce al mondo del Nuovo Testamento: dalla ricostruzione dell’ambiente giudaico e greco-romano a Paolo di Tarso; dalla figura storica di Gesù ai vangeli canonici e apocrifi; dalle prime attestazioni archeologiche al problema del vangelo e dell’Apocalisse di Giovanni; dall’analisi dell’apporto di varie ermeneutiche – giudeo-cristiana, paolina, giovannea – alla delineazione del contesto storico che segna il passaggio dal I al II secolo. Emerge un quadro particolarmente ricco di tonalità, in cui risaltano i personaggi decisivi e le componenti dialettiche di un pensiero religioso eccezionalmente fecondo. «Il volume, in definitiva, vuole offrire un’introduzione aggiornata e sintetica alla storicità del cristianesimo considerato nel suo primo apparire, nel momento in cui esso esibì per la prima volta la propria carta di identità. Perciò qui si parla dei suoi tratti caratterizzanti, forniti da personaggi e ambienti, scritti e accadimenti, inizi e sviluppi, archeologia e valori ideali. Gli autori dei vari capitoli danno ampia garanzia di competenza e di capacità nel trasmettere in sintesi i risultati dell’odierna ricerca. Sicché la lettura di queste pagine sarà certamente di grande utilità per chi voglia cimentarsi con lo studio avvincente di una insostituibile matrice della nostra cultura odierna» (dalla Prefazione di Romano Penna).

I simboli paleocristiani dei pani e dei pesci presso le catacombe di San Callisto di Roma.

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