Un motivo che ritorna frequentemente nella narrativa italiana degli anni Ottanta è l’inquietudine giovanile, l’insofferenza rabbiosa verso le convezioni e le costrizioni della società, a cui s’accompagnano la delusione storica, la fuga nel mondo dell’irrazionale, il ripiegamento frustrato che arriva a forme autodistruttive. La profonda inquietudine e frustrazione delle giovani generazioni sono il contraccolpo seguito allo spegnersi delle grandi speranze del decennio appena trascorso, gli anni Settanta, una stagione contraddistinta da rivolte e contestazioni di vario genere. Ma negli ultimi trent’anni del Novecento, il dibattito nazione e internazionale si è occupato di una nuova categoria filosofica, estetica e culturale: il postmoderno. Si assistono, almeno nell’ambito del romanzo, e indicativamente dalla fine degli anni Ottanta, a profonde mutazioni: la narrativa si conforma al mutarsi della situazione sociale, si amplifica lo spazio letterario, le sperimentazioni linguistiche e stilistiche si fanno più audaci («a livello formale, infatti, emergono tecniche postmoderniste, […] come la forte spazializzazione; il predominio dell’immaginario urbano; l’interferenza tra fatti e fiction», p. 27). La produzione e la fruizione di cultura si ampliano sempre più consistentemente. Un ottimo panorama della narrativa italiana, dalla fine degli Settanta ai primi anni Dieci del Duemila, è affrescato nel recente volume di Carlo Tirinanzi De Medici (formatosi alle Università di Siena, Montpellier, Trento e alla Brown University di Providence, studioso di teoria e storia del romanzo e di teoria della letteratura), Il romanzo italiano contemporaneo. Dalla fine degli anni Settanta a oggi (Carocci Editore, pp. 320, €23,00, collana Quality paperbacks). A partire dai tardi anni Settanta la cultura italiana è andata incontro a diversi, profondi cambiamenti. La forma-romanzo ha seguito lo stesso destino, ritrovandosi oggi con una fisionomia drasticamente cambiata rispetto a quella che aveva quarant’anni fa. Sebbene molti studi ne abbiano trattato singoli momenti di svolta o specifiche correnti, nel volume vengono per la prima volta ripercorse nel complesso le tappe attraverso cui il romanzo ha occupato il centro dello spazio letterario italiano, mostrando inoltre come si è costituita la “lingua comune” che i narratori di oggi hanno a disposizione (una «Babele» nel panorama letterario contemporaneo). La storia del romanzo recente viene affrontata alternando riflessioni sulle forme e i generi, utili per capire in che modo i romanzi ci parlano di noi e del nostro tempo, a numerose analisi testuali, rivolte a singole opere, che gettano nuova luce su capolavori già celebri e ce ne fanno riscoprire altri finora dimenticati.

Fabrizia Ramondino, scrittrice (1936-2008)

I racconti sulla vita, sulle opere e sulla predicazione di Gesù di Nazareth, i Quattro Vangeli Canonici (Marco, Matteo, Luca Giovanni), sono da considerarsi primariamente come fonti agiografiche, forse le più importanti e significative dell’intero corpus; successivamente come storiche (seppur con un basso grado di attendibilità). Ma la Tarda Antichità e l’intero Medioevo produssero una enorme quantità di agiografie, i testi relativi alla vita e alle opere dei santi cristiani. Di Giovanni Paolo Maggioni, docente di Letteratura latina medievale e Filologia mediolatina all’Università degli Studi del Molise, è il nuovo volume La santità in Occidente. Introduzione all’agiografia medievale (Carocci Editore, pp. 336, €31,00, collana Studi Superiori), che ripercorre le tappe fondamentali della storia della santità in Occidente dalla Tarda Antichità alla fine del Medioevo. È articolato su due linee distinte, seguendo da una parte la nascita del culto dei santi e dall’altra la composizione e la diffusione delle leggende agiografiche. Si illustra così il parallelo sviluppo della venerazione, dai martiri delle origini alle esperienze mistiche del tardo Medioevo; delle modalità di canonizzazione, dalla devozione spontanea alla normativa contemporanea; dei testi che parlano di santi, dai primi calendari e martirologi alle grandi raccolte del Duecento, fino all’opera dei Bollandisti, nel Seicento. Infine si presentano dodici casi esemplari che, iniziando dalle persecuzioni imperiali e arrivando a Francesco d’Assisi, mostrano la complessa evoluzione nel Medioevo del culto dei santi, della letteratura agiografica e del loro rapporto con la storia. Dodici schede monografiche integrative sono dedicate ad autori (come Ambrogio di Milano e Iacopo da Varazze) e a questioni (come i Dodici, gli apostoli, le fonti francescane) importanti per gli studi agiografici.

Jean Bolland (1596-1665), gesuita, storico, agiografico e studioso delle vite dei santi.

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