Un aspetto caratteristico del genere poetico è quello di rappresentare un tema attraverso la descrizione. A volte queste rappresentazioni ricordano una fotografia, ricca di colori e dettagli; altre volte somigliano più a immagini in cui solo alcuni particolari risultano evidenti, mentre le figure appaiono sfocate a sfuggono a una immediata comprensione.

Lo sguardo del poeta può essere rivolto verso molteplici direzioni, riconducibili tuttavia a due tipologie fondamentali: la visione interiore, in cui il poeta dirige lo sguardo verso se stesso e la poesia diventa così una rappresentazione intima e profonda del suo mondo interiore, e la visione esteriore, in cui lo sguardo del poeta si apre verso l’esterno e descrive l’ambiente che lo circonda.

La dimensione poetica, che generalmente è caratterizzata da una riflessività statica e di meditazione, trova una sua particolare espressione nella descrittività che nasce dal movimento. In queste “situazioni dinamiche” la scansione dei versi poetici si trasforma in una sequenza visiva che ricorda quella di un piano-sequenza cinematografico. Procedendo lungo un percorso o attraversando un paesaggio il poeta osserva e riporta una serie di immagini in continuo mutamento.

I temi del viaggio e della strada sono fra i più ricorrenti in poesia per parlare, attraverso una significativa metafora, della vita umana. Alcuni motivi ricorrenti rendono il tema della strada uno stereotipo o un cliché letterario, ad esempio: la strada rappresenta il confronto con la realtà (l’immagine del “bivio” rende molto bene questa visione); la strada assume una dimensione esistenziale (è il percorso del viaggio alla ricerca di se stessi); il cammino come ricerca (la strada da compiere è una condizione per ottenere un “oggetto del desiderio”).


Rainer Maria Rilke, L’isola delle sirene

(in Nuove poesie, Requiem, trad. it. di G. Cacciapaglia, Einaudi, Torino, 1992)

In questa lirica Rilke immagina il personaggio di Ulisse, mentre racconta le sue avventure a un gruppo di ospiti. Il grande viaggiatore ha difficoltà a trovare le parole “giuste” per far comprendere e “far vivere” loro le forti emozioni da lui vissute davanti alla visione dell’isola delle sirene.

Quando ai suoi ospiti che domandavano,
alla fine del loro giorno, dei
suoi viaggi sul mare e dei pericoli,
tranquillo raccontava, non sapeva

mai come spaventarli e quali forti
parole usare perché come lui
nell’azzurro pacifico arcipelago
vedessero il dorato colore di quell’isole

la cui vista fa sì che muti volto
il pericolo, e non è più nel rombo,
non nel tumulto come sempre era;
ma senza suono assale i marinai

i quali sanno che là su quell’isole
dorate qualche volta s’ode un canto,
ed alla cieca premono sui remi,
come accerchiati

da quel silenzio che tutto lo spazio
immenso ha in sé e nelle orecchie spira
quasi fosse la faccia opposta del silenzio
il canto cui nessun uomo resiste.

Henri-Edmond Cross,Le Isole d'Oro,© RMN-Grand Palais (Musée d'Orsay) / DR
Henri-Edmond Cross, Le isole d’Oro, Parigi, Musée National d’Art Moderne.

Giovanna Bemporad, In riva al mare

(in Esercizi vecchi e nuovi, L. Sossella Editore, Roma, 2011)

In questo componimento di Giovanna Bemporad (1928-2013) l’io-lirico fa letteralmente vivere questa poesia, popolandola con creature marina che si affacciano in “riva al mare”. L’onda che suscita queste apparizioni si rivela come una tentazione che rapisce la mente di chi la ascolta mormorare.

Dalla mia fronte io esco in riva al mare
dove sommessa mormora i suoi baci
l’onda; e conchiglie, imbuti del rumore,
ci ascoltano pudiche e indifferenti.

Davanti a me si rinnova il suo gioco
di animale veloce che ai miei piedi
si stende per piacermi e mi incoraggia
con battiti di ciglia; anima preda
di polipi e di granchi io ti respingo,
votata al clima immobile degli astri.

Su me sospende il cielo la sua curva
larga, ariosa, e modella i miei passi
non di un’età, non di un attimo, un’ora
ma di un’antichità: parola estratta
dalla tua pausa, o mare, fronte colma.

Degas, paesaggio in riva al mare.jpg
Edgar Degas, Paesaggio in riva al mare, 1892 ca, Musée d’Art et d’Historie, Neuchâtel.

Umberto Saba, Città vecchia

(in Tutte le poesie, Mondadori, Milano, 1998)

La lirica è una “passeggiata poetica” di Umberto Saba per la via della “città vecchia” che egli attraversa per tornare a casa. Le strade sono frequentate da un variegato mondo di personaggi umili, che suscitano nel poeta la nostalgia per quella condizione di semplicità che è all’origine della sua ispirazione poetica.

Spesso, per ritornare alla mia casa
prendo un’oscura via di città vecchia.
Giallo in qualche pozzanghera si specchia
qualche fanale, e affollata è la strada.

Qui tra la gente che viene che va
dall’osteria alla casa o al lupanare
dove son merci ed uomini il detrito
di un gran porto di mare,
io ritrovo, passando, l’infinito
nell’umiltà.
Qui prostituta e marinaio, il vecchio
che bestemmia, la femmina che bega,
il dragone che siede alla bottega
del friggitore.
la tumultuante giovane impazzita
d’amore,
sono tutte creature della vita
e del dolore;
s’agita in esse, come in me, il Signore.

Qui degli umili sento in compagnia
il mio pensiero farsi
più puro dove più turpe è la via.

Telemaco Signorini, Mercato Vecchio a Firenze, 1882-83, 39×65,5 cm.

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