Docente di Letteratura tedesca all’Università di Pisa, studioso del Settecento tedesco, dell’epoca classico-romantica e moderna, degli studi sulla traduzione, della teoria e della storia dei generi letterari e saggistici, Francesco Rossi ha dato alle stampe per Carocci Editore il corposo volume L’età romantica. Letteratura tedesca tra Rivoluzione e Restaurazione (collana Studi Superiori, pp. 480, €45,00), che intende approfondire il proficuo e stratificato laboratorio poetico, culturale e sociale del Romanticismo tedesco, definibile «come […] una vera e propria scuola […] o come un fenomeno culturale organico, con una sua fioritura, un suo culmine e una sua decadenza […], oppure come un movimento dotato di una teleologia interna» (seppure queste ricostruzioni non restituiscano un’immagine veritiera del movimento, venendo sottoposte a critiche e discernimenti di varia natura – risulta allora necessario tenere presente la continuità tra gli ambienti culturali dell’Illuminismo e del Classicismo weimariano e la Romantik) tracciandone un bilancio attraverso l’analisi delle opere e del dibattito intellettuale da cui deriva il suo ruolo di avanguardia nella storia culturale dell’Europa contemporanea. L’età romantica è l’età in cui gli sviluppi dei saperi scientifici e filosofici si intrecciano con i più radicali mutamenti nella vita sociale, politica ed economica, mentre esplode la questione nazionale: Rivoluzione e Restaurazione sono i poli cronologici e dialettici che la comprendono, e tuttavia la sua eredità ci riguarda ancora oggi («per restituire una narrazione della storia del Romanticismo tedesco il più possibile coerente coesa si è scelto di focalizzare lo sguardo sull’arco temporale che va dal 1789, ossia dallo scoppio della Rivoluzione francese, ai primi anni della Restaurazione»). Ma, e lo evidenzia l’autore nella Introduzione, «l’insorgenza dell’elemento romantico nella cultura occidentale è […] un processo di lunga durata, iniziato in pieno Cinquecento a seguito di un progressivo distacco dai modelli dell’antichità classica e dalle poetiche di impianto normativo a essi riconducibili. Si tratta di un movimento sovragenerazionale e di pluralizzazione e storicizzazione del canone artistico e letterario che, da un lato, conduce a una piena rivalutazione del Medioevo, del patrimonio popolare e delle diverse tradizioni nazionali, e dell’altro favorisce l’affermazione di un gusto moderno e di certo più incline alla sperimentazione di soluzioni innovative in letteratura e nell’arte di quanto non accada in precedenza». Partendo dalla storia e dall’analisi del concetto Romantico, passando attraverso la letteratura del Primo Romanticismo e traversando in confini del paradigma romantico, fino alla questione se esista o meno un «Romanticismo cattolico», il volume non manca d’offrire anche una panoramica, sufficientemente esaustiva, della letteratura di “secondo grado”, delle traduzioni, delle riscritture e delle interpretazioni «che accanto ai testi primari svolgono […] un ruolo determinante nello sviluppo delle poetiche e dei generi letterari».

Il poeta tedesco Friedrich Hölderlin ritratto dall’amico Franz Karl Hiemer, 1792.

Vicepresidente dell’Accademia della Crusca, docente per lunghi anni di Linguistica italiana e Storia della lingua italiana all’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, Rita Librandi ha dato alle stampe per Carocci Editore, in una nuova gradevole edizione, il volume Profilo storico della lingua italiana (collana Manuali Universitari, pp. 448, €39,00), che traccia, con grande esaustività, la storia della lingua italiana dalle sue origini nel Tardo Medioevo (senza, ovviamente, escludere le preziose testimonianze dei documenti in volgare, collocabili tra il IX e il X secolo, quindi alla fine dell’Alto Medioevo), fino al suo rapporto con i contemporanei mass media. Diviso in tre parti (I. Nascita e affermazione del volgare; II. Dal fiorentino all’italiano; III. Dall’unità politica all’unità linguistica), e scandito in tredici capitoli, questo volume va ad arricchire la già consolidata pubblicazione di “storie della lingua italiana”, che vantava, tra i suoi maestri, Bruno Migliorini (1960), Francesco Bruni (1984) e Claudio Marazzini (1994). Navigando all’opposto il fiume della cronologia, anzi attraversando le sue acque, Rita Librandi abbandona la tradizionale scansione temporale per secoli, soffermandosi invece sugli snodi fondamentali che hanno informato la lingua della penisola, che l’hanno modificata e che l’hanno resa ciò che oggi essa è. Il volume non tralascia «le tante novità, gli approfondimenti, le nuove prospettive aperte di recente dalle ricerche storico-linguistiche». Dal latino alle lingue volgari, passando attraverso cenni di fonetica e grammatica storica, mai dimenticando di tralasciare le ragioni e gli ambiti del volgare, comunque attraversando il giro di boa cinquecentesco nella ricerca della norma, fino alla questione linguistica che entra nella politica italiana ottocentesca (Manzoni su tutti), e, ancora, senza abbandonare i cambiamenti rapidi e percepibili della lingua italiana in una comunicazione massificata e massmediale, questo nuovo profilo storico della lingua italiana si presta ad una lettura utile, aggiornata, agile ed interessante, che, pur ultima in linea di successione cronologica, arricchisce il filone già sontuosamente avviato dalla Storia della lingua italiana di Bruno Migliorini.

Giovanni Boccaccio in cattedra, miniatura tratta dal Codice Laurenziano 49 Pluteo 34, conservato nella Biblioteca Medicea Laurenziana, Firenze.

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