Dopo oltre trent’anni dalla morte di Gianfranco Contini (1912-1990), una delle pietre miliari della filologia e della critica letteraria novecentesche, autore di edizioni critiche e commentate, antologie e saggi, esperto di tutta la tradizione letteraria italiana, dalle origini a Gadda e Montale, Carocci Editore porta in libreria il preziosissimo volume Una corsa all’avventura. Saggi scelti (1932-1989) (pp. 588, €54,00), che raccoglie in ordine cronologico, per le cure di Uberto Motta – docente ordinario di Letteratura italiana all’Università di Friburgo – una ampia selezione degli scritti critici più significativi di Contini, tentata da Dante Isella ma mai finora sistematizzata. Come nota il curatore nella Premessa: «Si è voluto far udire, in altri termini, la voce di Contini, restituendone tessere pertinenti le quattro arcate temporali in cui, obiettivamente, si può scandire il suo percorso: il tempo dell’esordio (1926-1938), gli anni di Friburgo (1938-1952), il periodo fiorentino (1953-1975), gli ultimi tre lustri, dall’insegnamento pisano e del ritorno a Domodossola (1975-1990)». Dopo una ampia introduzione (pp. 21-95), che ripercorre acutamente l’intera parabola intellettuale e accademica del filologo e critico, il volume raccoglie ventisei saggi, che spaziano dalla pagine – ormai divenute classiche – dedicate a Dante («Introduzione alle Rime di Dante» del 1939, «Dante come personaggio-poeta della Commedia» del 1958, «Il Fiore» del 1970), Petrarca, Ariosto («Come lavorava l’Ariosto» del 1937), Montale (la fondamentale «Introduzione agli Ossi di seppia» del 1933, «Dagli Ossi alle Occasioni» del 1938), Gadda (con il prezioso contributo «Introduzione alla Cognizione del dolore» del 1963) e tanti altri (Leopardi, Manzoni, Pascoli, Ungaretti, Pasolini – a cui dedicò il contributo del 1980 «Testimonianza per Pier Paolo Pasolini»), a brani di teoria e storia della critica letteraria (si guardino, ad esempio, i contribuiti «Sul metodo di Roberto Longhi» del 1949, oppure il saggio comparativo «Croce e De Sanctis» del 1953, o ancora «L’influenza culturale di Benedetto Croce» del 1966); non mancano, a rendere più completa la parabola intellettuale di Contini, anche brevi pagine autobiografiche, in cui sono ricordati con affetto e intimità alcuni degli incontri che hanno segnato il suo cammino umano e scientifico (ad esempio, «Il Ricordo di Raffaele Mattioli» del 1987, e «Antonio Pizzuto, investigatore» pubblicato nel1989, l’anno prima della morte). Il titolo del volume, Una corsa all’avventura, richiama le parole che Contini pronunciò nel lungo colloquio, avvenuto nel settembre del 1988, con Marina Ripa di Meana (poi divenuto un volume, da titolo: Diligenza e voluttà. Ludovica Ripa di Meana interroga Gianfranco Contini, Garzanti 1989); quasi prendendo congedo dalla sua interlocutrice e, idealmente, dai suoi lettori, Contini ebbe a dire: «“Correre all’avventura” significa rompere la trama noiosa del giorni, ma poi verificare che questa rottura, non solo valesse la pena, ma fosse autorizzata dalla ragione».

Gianfranco Contini (1912-1990).

Docente di Storia Medievale all’Università degli Studi di Messina, e già autrice di numerosi contributi storiografici sulla stregoneria e sulla magia tra mondo antico e moderno (si vedano, ad esempio, i volumi: Caccia alle streghe, Salerno 2012; Arte gradita agli dèi immortali. La magia tra mondo antico e rinascimento, con Franco Cardini, Yume 2015; Streghe. Origini, mito, storia, De Vecchi 2020; Inferno, Canto XX. Dante e la magia, La Vela (Viareggio) 2021), Marina Montesano torna in libreria con il volume Maleficia. Storia di streghe dall’Antichità al Rinascimento (Carocci Editore, pp. 284, €27,00), che amplia ed arricchisce il filone di ricerca dedicato alla figura della strega e alle pratiche magico-folkloriche. In una prospettiva storica, dunque, che abbraccia la magia e la stregoneria dalla Grecia antica fino all’età rinascimentale, si colma una importante lacuna nella storiografia dedicata all’argomento. I primi due capitoli del volume, scrive Montesano nell’Introduzione, «riguardano rispettivamente la letteratura greca e quella latina. […] Con Circe e Medea, il mondo greco ha fornito alla storia della magia […] due personaggi intramontabili, ma ha anche dato vita alle lamie e altre creature spaventose che permarranno nel tempo a terrorizzare gli umani. […] Affascinati da coloro che avevano conquistato, i Romani tradussero o riscrissero le tradizioni greche, considerandole proprie e trasmettendole alle generazioni successive». Ancora, la trattazione si concentra sulla influenza della cultura latina e della legislazione romana – in materia di streghe e stregoneria – nell’Alto Medioevo, per poi approdare ai secoli quattordicesimo e quindicesimo, quindi nel cuore della cultura rinascimentale, in cui «il revival classico patrocinato dalla cultura umanistica dava nuovo spessore e ricontestualizzava i racconti antichi, che cessarono così di essere solo storie, come erano stati in precedenza, e divennero una prova cogente dei poteri del demonio e delle sue seguaci». Non solo, dunque, nel massimo momento della rinascita delle lettere e delle arti, «la stregoneria fu presentata e percepita da molti come una cospirazione basata sull’alleanza tra le streghe e il diavolo» ma si sostenne addirittura «che questa “nuova setta” di streghe era sempre esistita, e che le voci riverite di molti autori antichi lo dimostrarono. La stregoneria contemporanea diede un nuovo significato alla storia passata, e quest’ultima divenne una prova della reale esistenza della stregoneria contemporanea».

Streghe attorno al calderone per prevenire l’arrivo del gelo, xilografia del 1489.

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